Albergatori: estate 2025 col segno meno. E le prossime?
Ieri Federalberghi Riccione ha presentato i dati dell’Osservatorio Turistico “Luigino Montanari”, illustrati dal Presidente Claudio Montanari. Un quadro aggiornato sull’estate 2025. Una stagione in chiaro-scuro, ma è la tendenza a doverci preoccupare, non l'attualità.
Riccione non ha bisogno di slogan: ha bisogno di verità. E la verità, quest’estate, ce l’hanno detta gli albergatori. Alla domanda più semplice — “com’è andata?” — il giudizio è tiepido: 19% negativa, 44% sufficiente, 29% discreta, 2% molto negativa, 6% ottima. Ma quando si chiede il confronto col 2024, il velo cade: solo il 29% dice “meglio”, 33% dice “peggio” (di cui 4% molto peggio), 38% “uguale”.
È un campanello d’allarme politico prima ancora che economico: la maggioranza non vede miglioramento.
Cosa succede? Succede che si rimane meno e si spende uguale o meno. Il 70% degli albergatori non ha visto aumentare i pernottamenti rispetto al 2024; quasi l’80% non ha visto crescere la marginalità. Luglio segna -7,3% di arrivi, agosto -2%, ma soprattutto -6,1% di pernottamenti. A gennaio c’è stato un +13,9% (benissimo, ma numeri piccoli); ad aprile l’aumento è “tecnico” perché Pasqua è caduta ad aprile (nel 2024 era a marzo).
Niente supercazzole: viene un po’ meno gente, e resta di meno.
C’è poi il tema extra-alberghiero: i pernottamenti crescono sì, ma anche perché il CIN ha fatto emergere il sommerso. Non è una nuova ondata, è più trasparenza sui flussi che già c’erano. E il confronto col 2019 è impietoso: -16% di pernottamenti in hotel rispetto al pre-Covid.
È cambiata la domanda, non l’abbiamo intercettata.
Sui mercati, siamo dipendenti dal turismo interno: Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte valgono circa il 45%. La Germania — che un tempo consideravamo “casa” — oggi pesa 5,3%, meno del solo Veneto che vale il 5.5%. Il mercato internazionale ci è scivolato di mano. E non basta dire “colpa della congiuntura”: il 65% degli operatori segnala l’effetto trascinato delle mucillagini 2024 sulle prenotazioni 2025. Ma quest’anno il mare è stato pulito: vedremo l'anno prossimo ma dov’è la risposta di marketing e di prodotto del Comune per recuperare fiducia, oltre a sperare che piova meno?
Veniamo al punto politico. Il cambio di media partnership (addio Radio Deejay) e la nuova strategia di comunicazione sono un caso scuola di spesa più alta, resa più bassa. Gli albergatori parlano chiaro: 60% giudica negativo o molto negativo il cambio di media partnership; 63% giudica negativa la nuova strategia; solo 11–16% la promuove. Se spendiamo di più e otteniamo di meno, la strategia è sbagliata.
Non è questione di gusti: è questione di risultati.
Gli eventi? Gli unici davvero trainanti, secondo chi lavora con i turisti, sono gli eventi sportivi (65% positivo) e il MotoGP (circa 60%). Tutto il resto — notte rosa spostata, festival vari, rassegne — non fa danno, ma non muove l’ago. È ora di smettere di confondere animazione con politica turistica.
E allora cosa serve? Infrastrutture che generano domanda vera. Gli albergatori lo chiedono apertamente: una o più SPA cittadine, poli-termali, capaci di destagionalizzare e portare gente anche quando piove e anche fuori stagione. Una SPA produce economia, non solo foto sui social: incassa, crea occupazione, allunga la permanenza media.
La riqualificazione del porto e delle passeggiate? Bene, ma è respiro corto: non aggiunge un posto barca, non attiva turismo nautico. L’arena per grandi concerti può servire; i parcheggi scambiatori pure, ma senza un TPL efficiente restano un miraggio. E guardiamo in faccia il nodo identitario: ci manca un'opera unica riconoscibile in cartolina.
Non è “fare una statua”: è diventare iconici.
I numeri autostradali? +1,7% di arrivi. Qualcuno in più passa, ma è turismo di prossimità: qualche giorno, non una o due settimane come nel modello su cui abbiamo costruito la città. E se Riccione e la Riviera sono state le prime nel turismo di massa, oggi paghiamo l’anticipo: infrastrutture datate e un’offerta non sempre allineata alla domanda attuale. La soluzione non è l’ennesimo restyling; è un patto vero pubblico–privato (non il PPP burocratico, quello pratico): il Comune investe in asset che creano domanda, gli operatori alzano la qualità. Perché se attorno a me il contorno è brutto, non investo; e se il Comune non vede un’industria che cresce, non rischia.
Diciamolo chiaramente: entro cinque anni chi non investe — pubblico o privato — resterà indietro. Servono SPA cittadine, resort e hotel di nuova generazione, spazi per turismo e plen-air, viali rifatti dove ancora mancano, e un landmark che ci metta sulla mappa. Non per estetica, per economia.
L’amministrazione, fin qui, ha scelto la strada più facile: campagne costose e poco efficaci, eventi che intrattengono ma non destagionalizzano, interventi urbanistici gradevoli ma non trasformativi. Non basta. La stagione 2025 non è andata meglio: lo dice il 71% che non vede miglioramento o vede peggioramento. Continuare così significa abituarsi al declino lento.
Riccione il miracolo l’ha già fatto una volta. Può rifarlo. Ma i miracoli, in economia, si progettano: con scelte nette, coraggio negli investimenti, responsabilità sui risultati. Oggi non servono promesse, servono cantieri e accordi chiari: il Comune mette infrastrutture che attirano; gli operatori mettono qualità che trattiene. Il resto sono chiacchiere.
Io sto dalla parte di chi lavora e chiede serietà. Con questi dati sul tavolo, la politica ha due strade: giustificarsi o cambiare rotta.
Riccione merita la seconda.